domenica 31 dicembre 2017

R E W I N D 2017


L'acqua di Venezia
La Tempesta di Giorgione
Una poesia per Luigi Tenco
Una lunga lettera in inglese
La decisione di non trascinarsi 
Un inaspettato, lungo, forzato, noioso film muto
E le lacrime di ogni giorno
Alexander Hamilton
Sentire senza superficialità
La solitudine dell'anima nei pomeriggi
Camminare su una corda tesa
Un teatro nell'oscurità
Taralli al Drive-In
Litigi
Traslochi
Il più possibile il mare
Dentro la notte, un profilo
Tramonti a Roma
Il Mosè di Michelangelo
Nessun appetito
Una casa dalle mura verdi
Una poesia ai miei venticinque anni
Fame chimica
Da qualche parte negli angoli dell'Università
Una festa senza più segreti
E un appuntamento dal parrucchiere
Un 'addio al Laureato' 
Qualcuno tra i cubi che suona una chitarra, al tramonto
La mancanza delle mie luci
Un seminterrato stranamente caldo
Imparare di nuovo a giocare a carte
Fuori fino a notte
E biglietti obliterati
Il desiderio di non perderci mai nulla di noi
Al museo da sola
Lucky che mi da due bacini
Libri ancora da leggere
Regali dimenticati in pullman
Tè per tutti alle 23
Sogni in cui non so scendere da posti altissimi
Ma eventualmente ci riesco



Che sia un anno di coraggio, nonostante tutto. 

martedì 26 dicembre 2017

DOCTOR WHO / LAUGH HARD. RUN FAST. BE KIND.


A lungo ho pensato alle parole che avrei scritto, quando Steven Moffat avrebbe detto addio a Doctor Who. Ad oggi, comprendo che, quando penso a quest'uomo, non mi viene in mente nient'altro che il suo amore viscerale per questa serie. Una fedeltà incrollabile in questo personaggio particolare che ha contribuito a cambiare e far crescere in maniera epocale. Questo personaggio particolare che ci mantiene bambini e sognatori. E' il compito più difficile dell'Universo, non perdersi dentro i noiosi affanni di una vita adulta. 

Ci sono parole che rimangono con noi molto più a lungo rispetto ad altre, insegnamenti e rivelazioni che s'imprimono di più nella mente, mentre altre sfumano nell'esatto momento in cui ci distraiamo. Ricordo chi mi ha spiegato per la prima volta il significato di qualche parola e ricordo chi mi ha insegnato determinati atteggiamenti, per poter stare al mondo.
Breve discorso che porta al mio Dottore preferito: l'Undicesimo, il figlio prediletto di Steven Moffat, il quale finalmente con la quinta serie ha preso in mano la direzione dello show per portarlo su una strada senza più ritorno. Nessun rimpianto, né rimorso: Geronimo!, davvero, senza pensarci due volte a sbattere violentemente contro le convenzioni, la logica, la tradizione e i muri. Un Dottore che si ferma a metà tra un vecchio e un bambino e decide di lasciarsi indietro il dolore, correndo lontano il più possibile. Ridendogli forte addosso, posticipandolo, non dandogli voce, non lasciandolo parlare, non facendosi frenare dai rimorsi, dalle perdite e dalle parole non dette. 
Quando perde i Pond, l'Undicesimo Dottore non ne parla più. Guadagnandosi tutta la mia comprensione e il mio rispetto.
Il suo dolore è solo il suo e decide lui se farlo vedere, decide lui di non parlarne, decide lui di nasconderlo e non pensarci.
Mentre il dolore è comunque lì come un'assenza ingombrante, nelle pareti blu del suo TARDIS e negli abiti improvvisamente più scuri perché questa è l'unica voce che lui gli concederà. 
Ho sempre definito l'Undicesimo Dottore molto meno umano rispetto al Decimo, affermando di apprezzare un sacco questa sua qualità. Nel momento in cui scrivo, mi colpisce in pieno la consapevolezza che probabilmente l'Undicesimo sia stato il più umano dei due. Quello che va avanti per non fermarsi a pensare. Quello che nasconde i suoi veri sentimenti per non averci nulla a che fare. Quello che si tiene il lutto dentro perché è solo il suo e nessun altro può capirci nulla. Quello che più si avvicina al mio cuore.
Se dovrò parlare di Steven Moffat non posso farlo senza citare l'Undicesimo Dottore, che quest'uomo ha fatto vivere e in cui ha riversato tutta la parte migliore di un sogno che durava da una vita. Ci sono tante lacrime, riflessioni e sorrisi che devo a Steven Moffat. Mettere tutto dentro queste parole è forse la parte più difficile. 

Ho parlato prima di momenti particolari che non sembrano sfumare via, con gli anni. Quando mi hanno detto che Babbo Natale non esiste, l'ho vissuta come una violenza psicologica assurda. Io non avevo bisogno di quella rivelazione, io avevo bisogno di credere in quella figura che in tutti i modi gli altri cercavano di cancellare dall'esistenza. Ricordo ancora l'iniziale sentimento di rifiuto come fosse ieri. 
Questo show e coloro che ci hanno lavorato in tutti questi anni, hanno dato un pretesto alla bambina del mio passato affinché potesse continuare a credere. E' davvero tutto ciò che devo a questa serie tv e tutto ciò di cui sono grata, per estensione, anche a Steven Moffat. Che ha saputo parlare al mio cuore e darmi un personaggio che più si avvicinasse ai miei sbagli. E non ho iniziato nemmeno a parlare delle donne nate dalla sua penna: forti, affamate, libere, curiose e indimenticabili. River Song, Amelia Pond, Clara Oswald e Bill Potts, pezzi di storie senza una fine. Nessuna di loro muore o scompare davvero dal tempo.

E poi è arrivato Peter Capaldi, di cui ricordo l'iniziale delusione per la scelta di un attore che era abbondantemente già apparso in Doctor Who e in Torchwood. La mia proverbiale diffidenza mi portava a credere che avrebbero sicuramente fatto un macello per spiegare questo ingombrante paradosso; tempo due stagioni (la mia preferita, di sua, rimane la 9) e mi sono ricreduta e affezionata. Una diffidenza spazzata via dalla conoscenza di un'altra infanzia, la sua, che cercava anche di sopravvivere.
Se penso che Capaldi e Moffat siano stati lì davanti alla tv sin dagli arbori di Doctor Who e, in qualche modo, abbiano impostato i loro sogni partendo dal loro amore per questo show, stento davvero a crederci.
Eppure, d'altro canto, non mi sorprende davvero. 


Da questo momento in poi, scrivo come qualcuno che ha già visto due volte l'episodio finale di Steven Moffat e Peter Capaldi e si è fatta un bel pianto sostanzioso. 
Come ho scritto altrove, l'episodio finale di Steven Moffat non è stato pieno di mostri, cattiverie, plotting e casini. Il suo addio ha avuto la forma di un episodio pacifico, sereno, malinconico, persino divertente. Per una volta nessuno cerca di ammazzare nessuno e il bene vince senza nemmeno combattere. Così atipico per uno come Steven Moffat, che per me ci sta tutto. Ha detto addio al Dottore nella maniera più grata possibile: in silenzio, attraverso la persona di Peter Capaldi. Attraverso le parole che non ha saputo dire, perché le ho avvertite tutte.

Due sognatori che hanno lasciato lo show nello stesso modo in cui l'hanno conosciuto: con un cuore da bambini. Solo i bambini sanno il nome del Dottore, se il loro cuore è al posto giusto e le stelle sono favorevolmente allineate. Saranno coloro che non cresceranno mai veramente, né dovranno dire addio davvero. Saranno coloro che si affideranno alle storie, per non perdersi mai nel caos della loro mente e del mondo là fuori. Tutti siamo storie, alla fine. Se il nostro cuore è al posto giusto e le stelle sono favorevolmente allineate, non finiremo mai.
Per sempre grata. 



mercoledì 1 novembre 2017

IV - HAMILTON, AN AMERICAN MUSICAL



Lin-Manuel Miranda (autore della musica e dei testi, oltre che protagonista) dopo la sua ultima interpretazione come Alexander Hamilton.


C'è di solito una grande solitudine, dietro l'attaccamento quasi ossessivo per un'opera artistica di qualsiasi genere. Questo, almeno, è quello che è sempre successo a me. E' successo spesso, continuerà a succedere e le uniche persone che ne soffriranno saranno coloro che si dovranno subire tutti i miei infiniti discorsi in merito, perché non posso farne a meno.

Il 28 Marzo mi trovavo nel bel mezzo di una crisi generale in cui la sorte aveva sadicamente deciso di inchiodarmi a casa, per chissà quanto tempo. Quando ripenso a questo periodo della mia vita, oggi che la tempesta è cessata, mi rendo conto che è stato qualcosa di relativamente breve e mi rendo conto anche che esistono cose più gravi di quelle che ho dovuto vivere io. Nonostante questo, però, so anche quanto sia stato buio, triste, doloroso e solitario quel periodo che sembrava (lo è stato) un lungo, noioso, interminabile film muto.
Come altre volte è successo, la musica mi ha fatto andare avanti ed è stato ciò che mi ha salvata. Non ho mai saputo in che modo questo succede, ma sono felice di dire che non si tratta di un cliché.
Non sapevo ancora che il 28 Marzo, giorno in cui avrei conosciuto questo musical, sarebbe stato il giorno in cui avrei ripreso la strada verso un'irraggiungibile serenità mentale. Di quel giorno mi sono rimaste tre cose: una foto scattata allo schermo del pc mentre il musical iniziava e il viso bagnato di lacrime, mentre il musical finiva. E una consapevolezza in un verso di canzone: I have never been the same, come dice Angelica dopo la prima volta che incontra Alexander.

Io ho tre sogni, in questo punto preciso della mia vita:
- Scrivere qualcosa che farebbe sentire chi legge, nel modo in cui mi fa sentire questo musical ogni volta che lo guardo/ascolto: qualcosa che assomiglia a un rassicurante, quanto invisibile, caldo abbraccio protettivo del tipo "stai tranquilla ci penso io".
- Scrivere qualcosa che si avvicini solamente un po', alla bellezza senza nome che ha per me questo musical.
- Avere, se non un po' del raro talento di Lin-Manuel Miranda, almeno la sua stessa passione incrollabile per le parole. Almeno la sua stessa meravigliosa dedizione.

Questi tre sono i sogni che, inaspettatamente e senza fare rumore, mi si attaccarono addosso quella notte del 28 Marzo.
Questi sono i sogni di ogni singola volta che ho pianto, piango e piangerò quando partono le note di The World Was Wide Enough e Who lives, Who dies, Who tells your story, le canzoni che chiudono Hamilton e che mi abbracciano in una duratura e speranzosa stretta protettiva del tipo "stai tranquilla, andrà tutto bene".
Sono mesi che cerco le parole giuste per descrivere ciò che è per me Hamilton. Sicuramente a voce so di essermi già espressa in lungo e in largo con poche persone, fino a risultare fastidiosa. Ma se ne avessi la possibilità, il mio regalo più grande per loro sarebbe la gioia che per me è stato conoscere questo musical. Gli direi: se potessi, ti regalerei solo questo tutta la vita.

Se mi chiedeste oggi dove mi piacerebbe vivere, risponderei in questa canzone.





mercoledì 30 agosto 2017

GAME OF THRONES / S7


Seguono i miei momenti preferiti della S7 di Game of Thrones, appena conclusa. Ovviamente Spoilers.





Quando Arya arriva a Winterfell dopo tanto tempo e si guarda intorno.

Quando Jon incontra Daenerys per la prima volta. Ricorderò sempre il modo in cui lui la guarda, a separarli un'atmosfera pregna di parole.

Quando Jaime cade in acqua, sprofondando sempre di più. Ho passato una settimana a chiedermi se il peso della mano d'oro e dell'armatura non lo sfavorissero nella risalita. Per fortuna che Bronn esiste.

Quando Jon sembra arrendersi ma poi arriva Daenerys bella come non mai.

Quando Tyrion rivede Cersei dopo una vita e la guarda in un modo così rancoroso che mi ha reso felice.

Quando, quasi in lacrime, le ordina di farlo uccidere dalla Montagna.

Quando Ditocorto finalmente muore e mi fa passare dalla gioia alla tristezza in due secondi.

Quando Theon abbandona Reek per ridiventare se stesso.

Quando Jaime se ne va per non voltarsi mai più. Quel fiocco di neve che si posa sul suo guanto.

Quando inizia a nevicare ovunque.

Quando Arya e Sansa finalmente fanno le persone adulte e uniscono le loro forze in nome di Ned Stark, sempre presente nei loro cuori, sempre nella neve.

Quando Jon bussa alla porta di Daenerys e subito si pente. E poi lei apre e non c'è più via di ritorno.

Quando Bran scopre che il suo vero nome non è Jon Snow, ma Aegon Targaryen: è lui l'erede al trono.


sabato 29 luglio 2017

III - MAI SOLA


Ho una stanza piena di libri, che mi fanno sentire al sicuro: niente mi fa sentire al sicuro quanto il circondarmi di libri, di parole.
C'è così tanto da immaginare, quando alzo gli occhi e mi fermo a fissarli senza un'apparente ragione.
Penso ai libri che ho comprato e che non sono riuscita ancora a leggere, penso al momento in cui loro mi troveranno di nuovo. Ad un certo punto nel mio futuro, ci sarà quel momento che mi farà allungare la mano verso quel libro non ancora iniziato. Penso al modo in cui mi cambierà la vita.
Ci sono stati libri che ho letto quando ero una ragazzina e che non ho compreso né apprezzato, per le più svariate ragioni. Quegli stessi libri, riletti in tempi recenti, sono diventati i miei preferiti. I loro autori, gli autori della mia vita.
Alzo gli occhi, senza una ragione apparente e mi si riempie il cuore di chissà quante possibilità di essere nuovamente salvata. Ho una stanza piena di libri e non sono mai sola.

martedì 25 luglio 2017

II

I Cigarettes After Sex sono stati una scoperta sublime di questa prima metà del 2017. Al momento sto ascoltando Apocalypse, una canzone che mi ricorda tantissimo le ambientazioni di Mr. Robot. Giuro. Più l'ascolto, più mi vedo davanti Elliot Alderson impegnato in una scena super slow motion mentre tira a sé Angela e la bacia e-- sto divagando. Può semplicemente essere che mi manca un botto Mr. Robot e ogni giorno sempre di più non vedo l'ora di avere la terza stagione davanti agli occhi.
Ad ogni modo, non volevo parlare proprio di Mr. Robot. O dei Cigarettes After Sex.
Volevo parlare del fatto che oggi, dopo tanto tempo, ho ripreso l'agenda dove dall'inizio di quest'anno fino al 12 Aprile, ho registrato i miei giorni. Un piccolo esperimento che potesse sostituire quello dell'anno scorso: filmare un secondo al giorno, alla totale insaputa di tutti. Nessuno ha mai visto tutto il mio 2016 montato in un video da qualche parte nelle mie cartelle. Non so quale occasione io stia aspettando per mostrarlo ai miei amici, visto che sono stati una parte enorme dello scorso anno.
Ad ogni modo: il mistero dell'agenda che si ferma al 12 Aprile.
Ho passato questa prima metà dell'anno in una condizione di forte stress emotivo e fisico. Una serenità che sembrava sparire dalla faccia del mio mondo. Non ripercorrerò le difficoltà fisiche e morali che ho dovuto vivere e superare. La mia agenda si ferma al 12 Aprile, quando ho deciso di lasciarmi andare e non sentire più l'incombenza urgente di registrare tutto. Gli ultimi tempi mi avevano veramente aperta in due dallo stress (continuo a usare la parola 'stress' per evitare di menzionare i pianti di ogni lungo interminabile giorno e il desiderio che il sole non si levasse più, ogni mattina...) e quando sono riuscita a ritrovare uno spiraglio di sanità mentale, mi ci sono aggrappata fortemente, e ho lasciato andare tutto il resto. Tutte le urgenze, tutte le incombenze, tutta la fretta dietro. Così solamente, ho potuto riprendere in mano la mia vita e rimetterla piano piano in carreggiata.
Adesso posso dire di essere sopravvissuta a quasi sei mesi di puro delirio psicologico, grazie al cielo.

Lasceremo di nuovo casa, tra qualche giorno. Ci stiamo rimaste per due anni e alla fine mi ci sono affezionata, nonostante pensavo non potesse mai battere l'amore della prima indimenticabile casa insieme. Non l'ha battuto, ma ci è andata molto vicina. Quanto abbiamo riso, bevuto, parlato, condiviso, anche in questa casa. I traslochi mi sfiancano sempre. Anche se stavolta ero più preparata all'impatto emotivo, essendoci già passata, non sono riuscita comunque a reprimere quel piccolo groppo in gola mentre riponevo i miei soprammobili nelle scatole.
Le nostre strade hanno iniziato a dividersi, ma non mi fa male scriverlo. So che siamo passate in mezzo al fuoco insieme e siamo sopravvissute insieme. So che ci saremo sempre l'una per l'altra, non importa dove o come, vicine o lontane. Le mie ragazze saranno sempre la mia casa, in qualunque posto. E io sarò sempre la loro.

martedì 11 luglio 2017

DOCTOR WHO / S10


i miei salsicciotti


La decima stagione di Doctor Who è terminata e, nel momento in cui scrivo, Capaldi ha già finito di girare le ultime scene dello Special di Natale. Le sue ultime scene. Io la prendo sempre comprensibilmente male, quando iniziano a circolare quei tweet come "è la fine di un'era". Seriamente, non lo devono fare mai. L'ho vissuta con Matt, questa cosa, e l'ho vissuta malissimo. Il suo Dottore era e rimane il mio preferito, ricordo ancora il tweet del regista del suo ultimo episodio "buonanotte da me e da lui". Avrei spaccato qualcosa per non sentire quella triste sensazione vaga in petto. Seriamente.
Peter Capaldi è stato protagonista di alcune delle storie più belle di sempre e interprete sublime. E' lui il Dottore adesso e non riesco a pensare ad un altro, al posto suo. Quest'uomo che ha aspettato una vita per interpretare questo ruolo, l'ultimo dei veri fanboys insieme a Steven Moffat e a pochi altri.
Non ho neppure avuto la voglia di mettermi a fare ipotesi su chi possa essere il prossimo attore ad assumere il ruolo. Si vede che reagisco bene ai cambiamenti? 
Comunque sia, anche ieri appena ho letto "è la fine di un'era" gli occhi erano già partiti in quarta. Piango per le più piccole cose e non so cosa farci. Forse va bene così. Ma questo telefilm, questo personaggio, gli attori che lo hanno interpretato, gli scrittori che gli hanno dato forma...sono diventati una parte importantissima della mia vita. La parte che riservo ai sogni di una bambina che non è scomparsa mai davvero.
Non volevo fare un post strappalacrime, non ora almeno. Per quello, aspetto dopo aver visto il finale. O almeno quando mi sarò ripresa psicologicamente. 
In questo post volevo parlare della decima stagione e soprattutto di Bill Potts e della bravissima, bravissima Pearl Mackie. Un primo episodio così bello, dall'aria così classica ma allo stesso tempo nuova, non me l'aspettavo. Non pensavo certo mi deludesse, ma fino alla colonna sonora appena accennata, tutto l'episodio l'ho trovato bellissimo. Di questa stagione è quello che più ho adorato: il modo in cui è stata introdotta Bill, questa ragazza dagli occhi pieni di curiosità e un sorriso enorme, aperto a tutto. Bill che è piena di domande, Bill che vuole imparare. Tenace, intelligente, forte e bellissima Bill Potts. Uno dei personaggi più belli nati dalla mente di Steven Moffat (parlerò, un giorno, dei personaggi nati dalla penna di quest'uomo). 
L'ultima puntata di questa stagione invece è stata, a tratti, dolorosa da guardare.
Il Dottore che supplica Missy, lei che uccide la parte vendicativa e malvagia di se stessa e muore nell'atto di tornare indietro da lui, senza che lui lo sappia. Morire da soli. Il cielo senza stelle. Il pianto di Bill. Il Dottore che non si vuole più rigenerare, solo morire. Lontano ormai alla deriva, stanco, addolorato...solo morire. E' stato difficile, guardare tutto questo.
E quando alla fine è apparso il primo Dottore...mi sono rassegnata al fatto che sarà uno Special ancora più doloroso da guardare. 
Colmerò questi mesi senza il Dottore, a scrivere di lui. Sono sicura approverebbe. 
E' tutto, per adesso.

martedì 6 giugno 2017

ANNE WITH AN 'E'




Vista l'ultima uscita assurda di Netflix che dal nulla ha cancellato Sense8, nel momento in cui sto scrivendo mi domando se Anne with an 'E' sia stato rinnovato. Anzi, lo sto sperando proprio. Hanno cancellato The Get Down, tra le altre incomprensibili scelte, ma si sono premurati di rinnovare 13 reasons why perché evidentemente ne avevamo tanto bisogno. Vabbè.

Finisco con questa premessa al vetriolo e inizio il mio commento su questa perla, che mi ha lasciata estasiata e col cuore pieno. Anna dai capelli rossi la conosciamo più o meno tutti: da qualche parte nella nostra infanzia c'è una ragazzina con i capelli rossi, una storia triste, e tantissimi fiori intorno. Fondamentalmente se tu parli di Anna dai capelli rossi, parli di una storia triste. E la gente si scoraggia, persino a pensarci. Confesso di aver esitato anch'io qualche tempo, prima di decidermi a guardare l'adattamento by Netflix, che mi aveva già convinta dal trailer. C'ho messo qualche tempo proprio perché l'idea di immedesimarmi in una storia triste, che comunque già conoscevo, non mi attirava tantissimo. Sbagliavo. Per metà, ma sbagliavo.
Ovvio che la storia di Anne Shirley (Cuthbert) è una storia triste, tristissima, ma ciò che nessuno -me compresa- sembra ricordare mai è che il potere dell'immaginazione e della fantasia è il nucleo della sua storia. E' ciò che la salva dal destino avverso, dalla tristezza e dal dolore. Tutto questo è stato catturato alla perfezione soprattutto grazie alla fotografia di una bellezza commovente, che inizia a lasciarti a bocca aperta già dalla sigla di apertura. Una delle più belle che abbia mai visto.
E alla fine sbagliavo ad esitare, questo l'ho capito. Ho capito pure che, in realtà, avevo un sacco bisogno di vederlo e che il desiderio fortissimo di avere i capelli rossi, dopo tutti questi anni, non è mai passato.
E quindi Netflix, vedi di pensarci veramente bene a tu sai cosa.

sabato 13 maggio 2017

SENSE8




Nomi risolve. Lito convince. Will protegge. Riley cerca. Wolfgang rischia. Capheus spera. Sun combatte. Kala ragiona.
In otto, formano una sola persona otto volte.
Se dovessi mettermi a parlare di empatia, direi innanzitutto che è qualcosa che ho faticato molto a conoscere, comprendere ed accettare. Mi ha lasciata senza fiato, il momento in cui mi sono resa conto di essere una persona empatica. La cosa più difficile da accettare, però, è stato rendermi conto che non tutti lo sono. Quella è stata una strada più lunga da percorrere, un cammino più arduo da compiere. Ad ogni modo, alla fine sono arrivata alla tanto agognata consapevolezza.
L'altro giorno, mentre cercavo di spiegare a un'amica la trama di Sense8, stavo per mettermi a piangere. 1, perché questa seconda stagione è stata una spanna infinitamente più bella, rispetto alla prima (per quanto mi riguarda). 2, perché il concetto sul quale si basano e ruotano le storie dei personaggi, è ciò che mi da speranza. E' ciò che dovrebbe muovere il mondo. Non si può cambiare il mondo, dice ad un certo punto un personaggio, ma si può iniziare a cambiare noi stessi. Ho da sempre improntato la mia vita su questa convinzione e Sense8 me l'ha fatto chiaramente capire, più che mai.
Oggi ho saputo che la terza stagione sarà l'ultima e mi è presa così a male, al pensiero di non rivedere questa versione del mondo fatta di persone migliori dalle intenzioni migliori. Lana Wachowski, ti dovessi mai incontrare, ti ringrazierei milioni e milioni di volte ancora, fino alla fine del mondo.

sabato 22 aprile 2017

MOSCERINI - LLDCE


Vivere in cima ai monti in mezzo ai campi
morire nei parchi pubblici come santi 
vivere prigionieri nei piani futuri
morire sdraiati tra i papaveri

vivere felici contenti e poveri
morire senza pensieri con la febbre alta a Tangeri
vivere tracciabili nei desideri nei movimenti
morire come rondini moscerini tossicodipendenti

e poi dormire da soli
contare i secondi tra i lampi e i tuoni
per cercare di capire quanto sono lontani
i bombardamenti e i temporali

vivere solitari in palazzi enormi
morire tranquillo mentre dormi
vivere con un milione di rituali
morire e sentirsi immortali

vivere dalla parte sbagliata delle acque territoriali
morire e generare aurore boreali
vivere con un cuore intermittente
morire facendo finta di niente

e poi camminare da soli
tranquilli nelle piogge torrenziali
la finestra del palazzo di fronte è a tre metri
ma tu vedi orizzonti infiniti

vivere in un seminterrato o su una scogliera
morire ma stasera chissenefrega
vivere insieme tutta la vita
morire che ancora non mi sarai bastata

vivere un milione di cose da immaginarsi
morire a vent’anni o precipitare senza ferirsi
vivere dove gli uragani non fanno vittime
morire e ritrovarti nel deposito delle anime

vivere con guerre in sottofondo
morire in una notte luminosa come il giorno

e poi dormire da soli
contare i secondi tra i lampi e i tuoni
per cercare di capire quanto sono lontani
i bombardamenti e i temporali

e poi camminare da soli
tranquilli nelle piogge torrenziali
la finestra del palazzo di fronte è a tre metri
ma tu vedi orizzonti infiniti.



MIHO HIRANO


giovedì 20 aprile 2017

BROADCHURCH




Nel lontano 2012 mi mettevo in pari con Doctor Who (aka: Smithy faceva il suo trionfante ingresso nella mia vita) e sovrappensiero, mi chiedevo che fine avesse fatto David Tennant, dopo la sua dolorosissima traumatica rigenerazione. Ricordo come fosse ieri di aver googlato news su di lui perché io sono tuttora così: mi preoccupo che i miei attori stiano ancora lavorando, abbiano ancora uno stipendio, stiano mangiando. Cose così. Insomma, il risultato di Google mi riporta una foto dal set di lui invecchiato (++breaking news++), con barba annessa (ricordo mi fece vagamente pena, inizialmente. Po-ve-ra sce-ma) in quello che sembra un cimitero (la chiesa di Paul), accanto a una sconosciuta (O L I V I A / C O L M A N) e l'articolo spiegava che fosse impegnato a girare una nuova serie chiamata Broadchurch. Mi ricordo tutto. Ricordo pure d'aver chiuso l'articolo, sollevata che avesse ancora uno stipendio. Giuro.
Comunque, a parte gli scherzi (no è tutto vero giuro), il lontano 2012 è stato l'anno in cui -tra le altre cose- è nato e cresciuto, senza ancora fermarsi, il mio amore per il signor Tennant.
A testimonianza di ciò, la sua filmografia disponibile che piano piano iniziava a riempire tutta la memoria del mio pc appena comprato (rip), fin quando è arrivato poi Broadchurch, l'anno successivo.
Perché poi è arrivato Broadchurch. E lì è stata la fine e il lento declino per me e il mio povero pc.
Io sono stata una di quelle che ha iniziato Broadchurch perché c'era David (c'è qualcuno che non l'ha fatto?), per poi rimanere perché stregata dalla trama e soprattutto da tutti gli altri. Il resto è storia.
Quattro anni dopo sono qui, a scrivere della sua fine, che non sarà mai una fine, perché posso contare tutte le lacrime che questo telefilm mi ha fatto piangere e io ricordo sempre le cose che mi hanno fatta piangere.
Non dimenticherò mai l'ansia generale di quando fu mandata in onda la 1x08 e nell'attesa di guardare l'episodio, misi filtri di parole ovunque sui miei social, per evitare che mi venisse spoilerato il colpevole. Che per altro avevo azzeccato.
Non dimenticherò mai l'amore per la colonna sonora di Ólafur Arnalds, così perfetta, come perfetta è stata la fotografia mozzafiato, per tutte e tre le stagioni.
Non ho mai vissuto con /dolore/ (coffSHERLOCKcoff) lo hiatus tra una stagione e l'altra, c'era tristezza quando una stagione finiva, certo, ma mai quella frustrazione che con Sherlock ormai è (era? 😡) la norma. L'ho sempre apprezzata questa cosa, ecco perché sono stata piacevolmente sorpresa e sollevata quando hanno annunciato che Chris Chibnal prenderà il posto di Steven Moffat (che per me è il più grande) alla "conduzione" di Doctor Who.
 Broadchurch è stata una vera e propria gemma e i personaggi che racconta seguono una crescita così coerente, nel loro cammino, che te li fa apprezzare il doppio. Si combatte con i propri mostri, sempre. Mi mancheranno tutti, sono stati quattro anni ricchissimi d'emozioni anche grazie a loro.

lunedì 17 aprile 2017


Broadchurch 2x01


Le cose sono sempre cadute a pezzi e si sono frantumate nell'aria, questo lo sappiamo io e te. Una fondamentale lezione appresa nell'attimo in cui ci siamo girati per osservarle davvero negli occhi, le cose. Per la prima volta nella nostra vita.
Sei stato il mio uomo di carta e di tramonti, con lo sguardo perso e incazzato come solo al buio puoi essere. Quando non vedi davvero via d'uscita, una luce, un po' d'aria pulita. Ho scritto di te una domenica di un Marzo di tanti mesi fa e ciò che in nessun modo riuscivo a capire, era invece l'enigma più facile: le tue lacrime. Partivo dalle tue lacrime e arrivavo a capire le mie.
Le cose sono sempre cadute a pezzi ed io ho scritto, tanto, sulle ultime volte della tua vita. C'è qualcosa di potente, nelle ultime volte di una vita, ho scritto. Ci credo ancora come nel momento in cui le parole hanno preso forma e hanno cercato di costruire la mia lunga, ponderata idea di te. Ci penso spesso alle ultime volte della mia vita, soprattutto da quando ti ho conosciuto, Alec Hardy. 
Rimarrai nei colori infuocati dei tramonti, nell'azzurro della sera e nell'attesa dei ritorni. 
C'è qualcosa di potente nelle ultime volte di una vita; nei silenzi, negli sbagli. Nelle parole non dette. Ti ritroverò lì, a non sorridermi mai. Ma so che lì sarai, sempre. 
Grazie.

mercoledì 29 marzo 2017

PLEASE LIKE ME



Please Like Me l'ho terminata con le lacrime agli occhi e un cuore grato e triste insieme. Questa serie è stata l'antidoto perfetto, in questi giorni: il rifugio ideale fatto di risate, di onestà, di una casa composta da amici e da amore, di coperte, capelli arruffati, cibo delizioso. Questa serie parla di inclusione, di rispetto verso l'individualità dell'altro, di cose finalmente dette e di cose che non è necessario dire. Accettare l'altro e aiutarlo a stare a galla, senza però perdersi. Non ho davvero mai visto una serie di questo tipo, di un'originalità portata in alto fino alla fine; mai banale, sempre sorprendente, fresca, gioiosa, importante. Una boccata d'aria nuova e così tanto necessaria, che non mi rassegnerò mai della sua fine. Il mio perenne cuore da ventenne sarà sempre grato a Please Like Me.

venerdì 24 marzo 2017

LOVE



Love, ennesima benedizione by Netflix, ha avuto le giuste parole per raccontare con una verità sorprendente dei miei casini, dei miei imbarazzi, delle promesse non mantenute, dell'inadeguatezza perenne, del non sentirsi adatti per vivere questa vita insieme agli altri, dell'essere troppo empatica, ansiosa e problematica per vivere serenamente... Ma Love ha avuto soprattutto il sapore delle feste a casa mia e delle enormi mangiate, dei canti, del vino, delle risate, del ritrovarsi in strada in uno stato non proprio dignitoso ma disposti a dar tutto alla notte, alla vita e pure alle nostre paure.
E forse è il periodo che sto attraversando -anzi probabilmente- quello che mi fa vedere oltre la semplice storia d'amore 'leggera', come potrebbe essere per molti, ma alcune scene di Love sono state per me un vero e proprio manifesto dei miei ultimi anni. Anche se non sono ancora nei trent'anni. Anche se spero di arrivarci con in mano una manciata d'equilibrio in più. Anche se sarò immensamente triste di lasciarli andare, questi venti cieli. Roba allegra, insomma. Se vi capita di ritrovarvi con quanto scritto su: guardatelo.

martedì 28 febbraio 2017

MOONLIGHT


L'unico difetto di questo film è che è durato così poco, che è da ieri che guardo e riguardo l'ultima parte (senza nulla togliere al resto del film) perché non ne ho avuto, né ne ho ancora abbastanza. Moonlight è quel tipo di film che non ti rendi conto di quanto fosse necessario che tu lo guardassi, fin quando non lo guardi e tiri alla fine quel sospiro di sollievo che non realizzavi di star trattenendo da un sacco di tempo. Che solitudine e che confusione, dietro agli occhi profondi dei tre Chiron, uno più bravo e toccante dell'altro. Quanta empatia e quanto silenzio assordante. E' così che amo che le storie mi si vengano raccontate: con delicatezza e con violenza. Nessuna via di mezzo. Storie così ti cambiano la vita, ti liberano da un sacco di limiti che non ti rendevi conto nemmeno esistessero. Moonlight con me l'ha fatto.
Mi dispiace solo che abbiano dovuto ricevere un riconoscimento così alto nel modo più casinista possibile. Perché ci sta l'effetto sorpresa, che per alcuni è stato meglio, ma Moonlight meritava più attenzione, delicatezza, soprattutto viste e considerate le tematiche di un'importanza enorme, che tratta... Ecco, dico solo che sarebbe una bugia bella e buona, se dicessi che non mi andrò a rivedere per l'ennesima volta l'ultima parte e tirare ancora quel sospiro.

lunedì 27 febbraio 2017

LA LA LAND

MOLTO RUMORE PER...IL MOTIVO SBAGLIATO


Premessa: nel momento in cui scrivo non ho guardato ancora gli altri film nominati agli Oscars, perché purtroppo anche questa volta la sessione d'esame mi ha prosciugato la vita. Questo è un mio pensiero su La La Land che, vi avverto, presenta degli SPOILERS. 



Io vi capisco quando dite che si sta facendo una caciara esagerata su questo film, credetemi che vi do ragione. E' stato ovunque negli ultimi tempi, se n'è parlato così tanto che persino i tizi dell'Academy si sono confusi e hanno fatto una epocale figura di merde. Ciò che vorrei farvi capire è che: 1) La La Land meritava eccome di essere tra i canditati agli Oscars. Di vincere non lo so: ribadisco che non ho ancora visto gli altri, ma leggo già di film di livello superiore quindi ci sta; 2) Siete stati tutti fregati, mandati fuori strada e lasciati sul ciglio del marciapiede con un'espressione molto confusa. Questo secondo il mio parere, eh, che è il parere di una che non ne capisce un cazzo. Ma provo a spiegarvi, semmai v'interessasse.
La La Land io l'ho trovato un film coraggioso, per il semplice motivo che alla fine della visione mi ha fatto partire per un trip assurdo dal quale non sono ancora tornata e infatti eccomi qui. L'ho trovato un film persino necessario per quanto atipico e no, non ho subito un colpo in testa: semplicemente non ho visto la loro storia d'amore come il punto principale dell'intero film. Più che altro essa è stata per me una delle chiavi per comprendere una lezione molto più necessaria da comprendere, soprattutto verso la fine: per quanto prendi dalla vita, tanto devi togliere. Potete benissimo partire con la visione che sia un inno a perseguire i propri sogni, questo film, e lo è, ma ciò che non vedete perché probabilmente vi rifiutate, è che perseguire i propri sogni è un sacrificio immenso quanto la vita. C'è l'altra faccia della luna, quella che non possiamo mai vedere contemporaneamente. Nessuno si vuol sentire dire che non si può avere tutto, questo da che il mondo è mondo. Siete stati mandati fuori strada dalla promessa di una storia d'amore e di dolciume a palate, ma ciò che vi siete rifiutati di capire è che inseguire i propri sogni significa essere degli egoisti. Ed è proprio qui che la loro storia d'amore diventa una chiave importantissima di lettura: puoi essere innamorato dell'altro quanto vuoi, ma i tuoi sogni sono più importanti. Perseguirli poi spetta a te, anche qui risiede il sacrificio. Mi dispiace ma io la vedo così. Mi è stato fatto notare quanto, dopo i cinque anni passati lontano, Mia e Sebastian, siano due persone diverse. Persone che non sono rimaste fedeli a se stesse e a entrambi. Lei va nel vecchio café dove lavorava, con tacchi e tubino, lui apre un locale più per ricconi che per mangiatori di pollo occasionali, ma che fai, non realizzi i tuoi sogni per paura di cambiare? Ovvio che cambi, è qui che risiede il dramma. L'hanno definito un sogno vuoto, un risultato superficiale alla fine, ma io credo che decidere di mostrare un po' di superficialità alla fine, significhi solo mostrare una delle tante sfaccettature del loro successo. Non è la cosa più importante per me: lei è la stessa quando si ritrova davanti a lui e in entrambi ci sarà sempre un pezzo dell'altro. Non credo al fatto che non ci sia stato nulla tra di loro: si sono supportati, hanno amato il modo in cui l'altro era così coraggiosamente disposto a sognare e si sono dati una spinta reciproca a realizzare il proprio sogno. A qualsiasi costo. Non so voi, ma io ci vedo parecchio amore in questo. Ovvio che pure io sono rimasta col cuore sanguinante alla fine, ma non è l'unica cosa che mi è rimasta di un film che non ti mostra ciò che vuoi vedere, ma ciò che hai bisogno di sapere. Non è un pretesto ad accontentarsi, eh, non voglio dire questo. Loro alla fine erano due persone realizzate in un modo tutto loro e poi chi lo dice, che le occasioni non ritornino per potersi di nuovo amare? Non sappiamo nulla.
Potreste definirlo, a ragione, un inno ai sognatori. Ma riguardatelo. Comprendete che dietro a un sogno raggiunto c'è tanto di quel sacrificio, tante di quelle perdite. Non è facile. La La Land non parla solo di una storia d'amore, quello è il contorno che puoi decidere di mangiare o meno ma hai sempre il secondo. E non vuol dire che se ami non puoi essere anche egoista. Potreste definirlo, sempre a ragione, una visione pessimistica delle cose. Avreste ragione in entrambi i casi: tutti vincono e tutti perdono.
Concordo con chi dice che il regista ci ha preso per il culo e ci ha illusi: è così. Non tutto è rose e fiori quando realizzi il sogno della tua vita. Mi dispiace ma è giunta l'ora di imparare questa nascosta, fondamentale lezione. 

- THUMBS VERY UP

venerdì 17 febbraio 2017

LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA / STELLE MARINE



Vasco Brondi ha un posto speciale nel mio cuore perché le sue canzoni assomigliano molto a ciò che vorrei riuscire a scrivere io, nella mia vita. Non sto parlando della forma, cioè anche, ma sto parlando dell'emozione dell'empatia e pure dell'istantaneo magone che mi è salito, ogni volta che ho ascoltato una canzone de Le Luci della Centrale Elettrica, per la prima volta. Sto parlando dell'incredulità che mi si annida nel petto, ogni volta. Per quanto mi riguarda, io vorrei riuscire a trasmettere empatia, dei terremoti interni, con le mie parole. Lui è uno di quelli che ci riescono con me. Sto ascoltando Stelle Marine in loop perché mi era mancata la sensazione di sorpresa continua.
Grazie per le stelle e per la notte luminosa, ancora una volta. Grazie per essere ritornato proprio quando ne avevo più bisogno.

domenica 12 febbraio 2017

DIRK GENTLY'S HOLISTIC DETECTIVE AGENCY



Più di una persona mi ha consigliato di guadare questa serie e di consolarmi momentaneamente così, visto il limbo in cui mi ha lasciato Sherlock. Mentre guardavo il primo episodio già ringraziavo il cielo di aver seguito questi consigli e la puntata non era nemmeno terminata che già Dirk Gently's Holistic Detective Agency -un titolo corto-, è subito diventato uno dei miei Show preferiti. Uno di quelli che ti fanno penare per avere la seconda stagione... quindi diciamo che non ha cambiato di molto le cose perché sempre di buttare sangue si tratta (sigh).  
Ad ogni  modo ho adorato questa nuova perla by Netflix perché sin da subito si è presentata come un misto di demenzialità, comicità, misteri da risolvere, momenti seri, fantascienza. A questo si aggiunge anche una punta di filosofia qua e là che non fa mai male. Dirk Gently ha un passato, che ritorna sotto forma di occhi lucidi e tanta saggezza, nascosta sotto la demenzialità. E' quel passato il mistero non svelato dell'intera prima stagione, ma anche gli altri personaggi, i migliori amici che vorresti, sono così vivi. Questa serie è stata per me tutto quello che Stranger Things (che io ho adorato, ma non a livelli così esagerati) è stato per il resto del mondo, se proprio devo dirlo in breve. Lo riguarderei altre cento volte, se solo questi esami non continuassero ad estirparmi la voglia di restare sveglia.


mercoledì 25 gennaio 2017

DANCE ME TO THE END OF LOVE



Gabriel Garcia Marquez dancing ‘the Twist’ with Elena Garro. Even if I'd like to think they were dancing on a Leonard Cohen song. I know. Don't ask.



martedì 24 gennaio 2017

I - VENEZIA 25

Ho visto Venezia e ho letto le parole di Peggy Guggenheim: semplicemente visitarla, significa innamorarsene e nel cuore non resta più posto per altro. Ne sono convinta, perché non mi capacito della familiarità di quell'angolo di paradiso lontano dal mondo. Non mi capacito nemmeno del fatto che piccioni e gabbiani siano la vera anima di quel posto e se è il caso, ti devi spostare tu, non loro. Ero ancora lì e volevo ritornarci, dico solo questo.
Stendhal mi ha tenuto soddisfatto e deciso la mano, davanti al Martirio di San Lorenzo di Tiziano. Quando ho sentito il tempo sparire intorno a me e il respiro accorciarsi lentamente.
A casa ho portato una medaglietta con la facciata di San Marco, due orecchini blu, un libro su Bellini e la promessa a Venezia che tutto sarebbe andato bene.

Ho deciso, qualche giorno fa, di non trascinarmi più nella vita. Ho deciso finalmente di trovare, a ventiquattro anni - quasi venticinque, uno o più scopi per i quali lottare con i denti. Innanzitutto contro me stessa. Questo significa non arrendersi, né darla vinta ai dubbi e alla paura, perché ciò che c'è in gioco è troppo grande per essere sottovalutato. Ho deciso che voglio una vita di soddisfazioni, realizzazioni, pochi o zero rimpianti. Non significa che sarà tutto rose e fiori, lo so fin troppo: io non voglio semplicemente più trascinarmi verso l'indefinito e aspettare che sia la vita a sistemarmi e non il contrario.
Tutto ciò che mi serve è visualizzare tutto ciò che voglio e poi mettermi in viaggio per raggiungerlo.
Perché devo capire fino in fondo che non sono di meno rispetto agli altri, se voglio ci riesco anch'io: è tutto lì che mi aspetta ed è tutto possibile. Realizzarlo, anche a quasi venticinque anni, è tutto ciò che conta.


SHERLOCK BBC / THE FINAL PROBLEM

Ho guardato l'episodio una settimana fa e al di là del cuore impazzito, della malinconia di una possibile fine e della tristezza nel leggere polemiche su polemiche sterili, ciò che mi ha lasciato quest'ultima puntata (e l'intera stagione) è stata una canzone in testa e un'urgente voglia di scrivere. Così ho fatto e sono nate quattro pagine dal nulla. Scriverò ancora perché mi ha lasciato dentro così tanto, questa serie.
E' tutto ciò che dirò sulla puntata. 

lunedì 9 gennaio 2017

SHERLOCK BBC / THE LYING DETECTIVE

↳Questo post potrebbe contenere SPOILERS.



Voi non avete idea del sollievo che ho provato quando verso la fine della sigla è apparso Written by Steven Moffat. Ho pensato "cazzo sì, zio Steven, ora si ragiona"; "ora quel genio sadico sistema tutto (dove per 'sistema tutto' si intende anche 'stravolge tutto, ma almeno ha un senso')". E infatti, come tante altre volte, così ha fatto. Avevo così bisogno dell'atmosfera intima e misteriosa, la firma di questo telefilm, che mi era mancata tantissimo nel primo episodio. Perché ancora una volta capisco quanto questo telefilm faccia parte di me e ancora una volta sono stata orgogliosa di vedere una recitazione superba, una scrittura dell'episodio straordinaria; il dipanarsi, finalmente, di scenari nuovi che hanno un senso. La redenzione di John Watson, che mi era sembrato pressappoco un cretino nella 4x01, avviene nel dolore di un uomo che prende forma in tutta la sua ingombrante tristezza: it's sad and it's beautiful, come insegna il Dottore. Non Watson, l'altro.
Ho guardato l'episodio stanotte, appena Netflix (TI AMO) l'ha caricato e quando è finito, il batticuore non ha smesso e ho dovuto penare un po' per addormentarmi. Forse è stato il momento più adatto, guardarlo di notte sotto le coperte; rendermi conto che c'è una scena che mi porterò sempre nel cuore, perché mi ha ricordato una storia che scrissi, anni fa. Una delle più importanti, nella mia vita. Questo episodio è diventato il mio preferito, forse scalciando leggermente A Scandal In Belgravia, ma ha veramente tutto quello che io considero perfetto per un episodio. Ha perdizione, incomprensione, orrore, mistero, dolore e sopra tutte le cose: l'amor che move il sole e l'altre stelle. Se poi Sherlock Holmes ammette che anche lui è un essere umano, io sono apposto così per i prossimi decenni, grazie.
Grazie infinitamente, zio Steven, per non avermi delusa.  Come sempre. 🙏

martedì 3 gennaio 2017

QUEEN REGENT


Pietro Annigoni, Queen Regent, 1955. 
Tempera, oil and ink on paper. Fishmongers' Hall, London.


lunedì 2 gennaio 2017

SHERLOCK BBC / THE SIX THATCHERS

Questo post potrebbe contenere SPOILERS (ed eventuale turpiloquio - scusate) quindi non leggete oltre, se non avete ancora visto la puntata e non volete rovinarvi tutto. 
Inserisco questo frame per il semplice motivo che quando ha alzato gli occhi mi è venuto un mezzo infarto.
 Di nuovo.

Ogni tanto il 2 Gennaio, ormai da anni e anni, può significare principalmente una cosa: che Sherlock Holmes si è degnato a ritornare ed è grande festa alla corte di Baker Street.
Seriamente, questo telefilm nel corso degli anni è riuscito ad assumere l'importanza che per me ha il Piccolo Principe: io sono la volpe.
No, non sto dicendo puttanate, se non avete già chiuso la pagina mandandomi a quel paese, ve lo spiego. Giusto perché la prevedo lunga, qua.
La volpe contava le ore che l'avrebbero separata dal Piccolo Principe e quelle stesse ore di attesa si trasformavano in felicità. Una felicità mista a malinconia, perché l'ora sarebbe arrivata e anche il loro incontro, poi, sarebbe finito. L'avete letto tutti il Piccolo Principe, dai, capite perché dico che io, da anni, mi sono trasformata in una volpe. Ed è una situazione abbastanza estendibile a tutto il resto del fandom, poveri noi, come ci siamo ridotti. Come CI hanno ridotti i MoffTiss della nostra sventura: geni sadici e calcolatori che si sono fatti due conti e, scommetto, nemmeno loro sanno come, sono riusciti a tirare su un impero di cuori spezzati e vite rovinate ma eternamente grate.

Senza farla lunga: ho conosciuto Sherlock Holmes e questo telefilm all'inizio del lontano 2012, anno in cui, per la maggior parte di esso, ho vissuto un periodo difficile della mia vita. E mentre attraversavo questo periodo di merda, un giorno, non so come, l'ho conosciuto e aveva la faccia strana di Benedict Cumberbatch. Senza fare alcun torto al signor Doyle del mio cuore, posso serenamente affermare che sono stata introdotta a lui e al suo odiato detective, da questo tizio con la faccia stranissima. Tutto Sherlock Holmes dell'edizione Mammut mi ha tenuto compagnia per lunghissimi mesi che sembravano non passare mai.
Questo breve papello per spiegare il perché sono così affezionata a Sir Arthur Conan Doyle, Sherlock Holmes, Benedict Cumberbatch e ai due dell'Ave Maria, Moffat e Gatiss. Mi hanno tenuto compagnia in un periodo difficile e hanno alleviato e intrattenuto un po' una ragazza ferita e persa, aiutandola inconsapevolmente a riprendersi. Ciò di cui sarò sempre certa è che tutti loro avranno un posto unico e speciale nel mio cuore...
Con questo la smetto, sennò zio Steven continua a guardarmi schifato. 

La 4x01 che mi aspettava fumante su Netflix, stamattina mi ha dato il buongiorno. Non mi sono nemmeno lamentata del fatto che i biscotti fossero finiti, mi sono bevuta il caffè in silenzio e mi sono fiondata davanti al pc. Non ho avuto subito la sensazione tipo "oddio finalmente dove cazzo eri?", almeno per i primi minuti. Certo, lui che racconta la storia dell'Appuntamento in Samarra, con i riflessi e le ombre dell'acqua sul viso è stato un grande inizio e mi è piaciuto molto. Divertente anche la scena dell'insabbiamento dell'omicidio di Magnussen o il battesimo di baby Rosamund,
Tuttavia è quando Greg (Giles, ha), va a presentargli il caso del figlio dei Welsborough, che ho pensato "sei tornato, you son of a-" e da lì in poi tutto abbastanza bene.
Bellissime e tristi le scene tra Amanda e Martin, alla luce della loro fresca separazione mentre giravano l'episodio. Ammetto di aver più volte esclamato "perché cazzo vi siete lasciati, bastardi" ad alta voce, ma invano. Vabbé.
Ma c'è stato qualcosa che, nel complesso, ha un po' stonato: non mi è piaciuto ciò che hanno fatto di John Watson. Soprattutto perché non hanno mostrato a sufficienza le """cause""" che l'hanno portato a tradire Mary, così a caso, come se niente fosse. C'era un passato ingombrante tra di loro, fatto di segreti e bugie, certo, ma perché far cadere così in basso un personaggio che aveva accettato tutto e si era imposto di guardare avanti: "i problemi del tuo futuro sono un mio privilegio", aveva detto. Mi state dicendo che John Watson è un bugiardo? Non lo accetto.
E' stato un crollo dovuto alla paternità? Minchia, s'è stancato subito allora. Non ha senso, è stato uno stravolgimento che ha dell'assurdo, a mio parere. Vero è che Gatiss ha avuto a disposizione una puntata sola, per fare tutto questo. E ci è riuscito, eccome se ci è riuscito...ma tranne per quanto riguarda John, mi dispiace. Ottimo espediente per lavorare sul suo senso di colpa nelle prossime puntate, ma comunque incomprensibile per me. Temevo la morte di Mary e l'aspettavo ormai da un po' (indimenticabile la tachicardia di 1h25 minuti alla visione della 3x02 perché temevo che l'ammazzassero così presto), ma conoscevo la storia letteraria canon e non e sapevo che sarebbe finita così. Anzi, almeno non l'hanno fatta morire di parto e baby Rosamund is still with us. Certo che m'hanno fatto piangere comunque, in quell'ultima scena, nonostante tutto.  Avevo già avuto il presentimento di una stagione più cupa e dolorosa già dal trailer e dagli stessi poster promozionali e questa era una cosa che mi faceva un po' paura. E infatti. 
Spero solo di non piangere troppo, ve prego zii Steven e Mark 🙏🙏🙏🙏