lunedì 30 dicembre 2019

AI PROSSIMI DIECI


Vorrei poter trovare poche parole, concise e giuste, per descrivere il mio 2019 perché questa volta potrebbe essere potenzialmente davvero difficile cercare di fare un bilancio degli ultimi dodici mesi. Spinoso proprio. Anche se di tutto quello che ho avuto la fortuna di vivere quest'anno, nel bene e nel male, ricordo solo pochissime cose di cui sono stati pieni i miei giorni: le connessioni umane, i cambiamenti mascherati da chiusure e le parole miracolosamente fiorite dal vuoto cosmico di troppi giorni in cui sono rimasta in silenzio. 
Questo è stato l'anno in cui sono giunte al termine importanti situazioni della mia vita e non nascondo di averle salutate con lunghi pianti, ma con mia grande sorpresa non sono state lacrime di tristezza ma di gratitudine. Il 2019 lo ricorderò come l'anno in cui una sera all'improvviso mi sono resa conto di stare finalmente bene e soprattutto di meritarmelo. Con coraggio, sempre, ho percorso un giorno dopo l'altro ed è ciò che mi ha portata lontana, in tutti i sensi, da quei vuoti cosmici della mia vita. Il coraggio.
Dieci anni fa avevo un'idea piuttosto vaga e ingenua di quello che mi sarebbe servito per essere felice, nella vita. Non avrei mai immaginato di perdere tutto quello che in maniera più o meno dolorosa ho perso per strada, ma soprattutto nemmeno nei miei sogni più belli sarei stata capace di sognare tutto ciò che sarebbero stati questi dieci anni: i più belli della mia vita. Esattamente l'idea piuttosto vaga e ingenua di felicità che avevo a 18 anni.

Con infinita gratitudine, coraggio e fiducia: ai prossimi dieci.



martedì 24 dicembre 2019

GOODBYE, FRIEND



venerdì 13 settembre 2019

TRA IL TUTTO E IL NIENTE

Ho avuto la fortuna (e insieme la sfortuna) di non dover lavorare mentre studiavo all'università. Non perché i miei siano persone che navigano nell'oro colato dal cielo - decisamente no - ma perché sono persone che hanno lavorato e sgobbato per darmi un'istruzione di tasca loro. Su questo non c'è mai stato modo di smuovere entrambi, anche perché chiaramente io non ce l'avrei comunque fatta, psicologicamente e fisicamente a terra com'ero a causa di non so più quanti esami tra triennale e magistrale.
E quindi ho avuto la fortuna, dicevo, ma anche una particolare sfortuna, adesso che ho finito l'università e dovrò cercare un lavoro, di dover fronteggiare:

a- il non sapermi per niente muovere nell'incertezza di un sostanziale numero di CV inviati e potenzialmente dispersi nell'etere: chissà se mi chiameranno; se mi chiamano in due come faccio a decidere su due piedi; chissà se noteranno l'assenza di esperienze professionali e mi giudicheranno boh un'incapace...
b- la paura e il senso di colpa di non trovare subito un lavoro all'altezza degli studi che hanno spaccato le schiene dei miei genitori, prima della mia. Da qui deriva l'intrinseco terrore di deluderli con scelte lavorative che potrebbero non "approvare" anche se nel loro accontentarsi, io ci leggerei sempre e comunque una scia di delusione.
c- l'incertezza, di nuovo, di non sapere con precisione quali strade prenderò nella mia vita, se cambierò idea, se mi accontenterò, se potrò mai mettere in pratica quello per cui ho studiato, se avrò mai successo, se un giorno dirò di essere finalmente soddisfatta della mia vita.
d- la degradante sensazione di non riuscire ad accontentarsi.

Avere il privilegio di pensare solo allo studio per molti anni mi ha dato modo di programmare in modo più o meno preciso la direzione della mia vita. Adesso che non avrò più esami da preparare, sostenere e superare, mi trovo ferma tra il tutto e il niente con tanti obbiettivi sparsi e nessuna convinzione di riuscire a raggiungerli. Non so come si fa con la vita vera e propria in un momento in cui mi dovrò gradualmente e dolorosamente staccare completamente dai miei.
L'incertezza è la mia personale sfortuna e potenzialmente il mio più grande nemico, d'ora in poi.



giovedì 29 agosto 2019

ANDARMENE






Andarmene
con una valigia piena
e una promessa
negli occhi
di rendere nulla
la lontananza.


Andarmene
col cuore appeso
e i silenzi
negli sguardi
che si salutano in fretta
quasi con noncuranza.


Preparerò
una valigia
di mattine dolorose
per portarle
via
e abbandonarle
sul ciglio della strada.


Ma lascerò
qui
la luce arancione
delle tende
ad aspettarmi,
come ogni volta.



28/08/2019


venerdì 24 maggio 2019

FLEABAG

Le famiglie disfunzionali esistono ovunque: oggi mi ha colpito in pieno questa consapevolezza mentre guardavo Fleabag. Rendermi conto di una cosa tanto banale mi ha dato un accenno di serenità in più che mi mancava. Le famiglie disfunzionali esistono ovunque, altri lo sanno nascondere bene, altri non riescono a nascondere l'evidenza. Fleabag è improntato su questo concetto ma anche sul convivere con una solitudine immensa che le urla e le scenate non riescono a riempire mai, non sembra avere origini e vive con te nelle giornate apatiche della tua vita mettendo piano piano le sue radici insieme ai sensi di colpa e soprattutto alla nostalgia, quest'ultima probabilmente tra le cause della sopracitata solitudine che nessuno si sa mai spiegare. Bramare un contatto fisico, convivere col terrore di svegliarsi ogni giorno da soli. Innamorarsi di qualcuno che finalmente ci ama nel modo in cui pensiamo di meritare, qualcuno che nota le nostre momentanee assenze fuori dal mondo ed è disposto ad avventurarvisi insieme a noi. Ma il tempo non è mai buono o clemente, essere innamorati al posto giusto nel momento giusto è una fortuna che può capitare pochissime volte nella vita.
Di tutto questo calderone di tentativi per stare al mondo, rimane a galla nient'altro che la cara immortale speranza. Anche quando non vorremmo in realtà ci proviamo sempre, un respiro dopo l'altro.

Io vivo per chi scrive delle sceneggiature da Dio e le interpreta pure da sé: per me è la forma più alta di talento e tentare di raggiungere almeno un centesimo l'onestà di chi riesce a farlo così bene è il sogno primo della mia vita.




Fleabag di Phoebe Waller-Bridge, con Andrew Scott. Seconda stagione. 


mercoledì 8 maggio 2019

ZOOM

17/04/2019 -  (ap)punti di una seduta di Laurea Magistrale in Storia dell'Arte, 
tre settimane dopo perché ce ne vuole a riprendersi da mesi e anni di stress non-stop.

Zoom sui colori dell'alba in cielo dopo un piccolo lacrimoso attacco di panico in una cucina non mia.
Io e L che cantiamo a pieni polmoni My Heart Will Go On mentre lei mi fa i capelli.
Uscire di casa da sola con la tesi in mano per raggiungere la macchina piena di tutti gli uomini della mia vita.
L'aula quasi vuota.
La calma improvvisa e impensabile, arrivata insieme al desiderio di volermi godere tutto tutto. Anche le imperfezioni che non uccidono davvero.
L'aula che si riempie impercettibilmente.
La tredicesima il diciassette.
Centodieci.
Io che non avevo mai ancora visto mio padre piangere.
La felicità di scoprire delle rose rosse sulla coroncina d'alloro.
Lo sfondo arancione nelle foto.
Fiori da Torino con un biglietto dalla mia infanzia.
I ritratti ufficiali.
Un dopocena in strada.
Di nuovo riuniti dopo tanto tempo. Di nuovo a rendermi conto che non passeremo mai, qualunque cosa essa significhi davvero.
Le canzoni sconce alla chitarra, cantate nel piazzale sotto la mia prima casa da fuori sede.
La nostra panchina piena di bottiglie a guidare assurde gare di free-style che mi hanno vista più volte pericolosamente a terra.
Il bene e la gratitudine immensi per ognuno di loro.
Il lungo, liberatorio, nostalgico forte pianto incontrollabile seduta a terra da qualche parte in mezzo alle luci quando verso le due di notte ho realizzato che tutto era finito.
Ce l'ho fatta.


mercoledì 6 febbraio 2019

UNA SERA

Il 30 gennaio 2019 ho passato l'ultimo, il più tranquillo, esame universitario della mia vita. Nella maniera più eccezionale possibile.
Ho finito per sempre gli esami ed è da una settimana che cerco di metabolizzare, soprattutto la sospettosa assenza dei sensi di colpa quando mi faccio certe dormite. Sospettosa assenza che ritorna, infatti, alla prima occasione possibile. Come me l'ha rovinata la vita, l'università. Lo dico sempre, ma sorrido ogni volta. Giuro. Adesso quando mi chiedono "e ora?", rispondo piuttosto drammaticamente che ora sono davvero scaraventata da sola nel mondo. E che non vedo l'ora, ma questo non lo dico.
Da quando ho superato l'ultimo esame della mia vita, una settimana fa, sono giunta davanti alla consapevolezza che ho cercato spesso di ricacciare indietro nella mia mente, in questi anni. Cioè che mo' so cazzi. Mo' so cazzi mettere in parole tutto quello che ho vissuto, mentre mi costruivo una cultura per imparare a muovermi nel mondo. Anche se questo l'ho capito davvero verso la fine: che lo studio m'è servito per imparare a vivere. E' impossibile, sarà impossibile, parlarne a comando e dire tutto: è stato troppo grande e inaspettato, da poter metabolizzare da qui a qualche anno.
Ho scritto da qualche parte che le parole arriveranno, all'improvviso, una sera.
Sono qui che le aspetto, da qualche parte nel futuro.


mercoledì 2 gennaio 2019




Roma, Alfonso Cuarón, 2018
Le prime lacrime di quest'anno.