venerdì 24 maggio 2019

FLEABAG

Le famiglie disfunzionali esistono ovunque: oggi mi ha colpito in pieno questa consapevolezza mentre guardavo Fleabag. Rendermi conto di una cosa tanto banale mi ha dato un accenno di serenità in più che mi mancava. Le famiglie disfunzionali esistono ovunque, altri lo sanno nascondere bene, altri non riescono a nascondere l'evidenza. Fleabag è improntato su questo concetto ma anche sul convivere con una solitudine immensa che le urla e le scenate non riescono a riempire mai, non sembra avere origini e vive con te nelle giornate apatiche della tua vita mettendo piano piano le sue radici insieme ai sensi di colpa e soprattutto alla nostalgia, quest'ultima probabilmente tra le cause della sopracitata solitudine che nessuno si sa mai spiegare. Bramare un contatto fisico, convivere col terrore di svegliarsi ogni giorno da soli. Innamorarsi di qualcuno che finalmente ci ama nel modo in cui pensiamo di meritare, qualcuno che nota le nostre momentanee assenze fuori dal mondo ed è disposto ad avventurarvisi insieme a noi. Ma il tempo non è mai buono o clemente, essere innamorati al posto giusto nel momento giusto è una fortuna che può capitare pochissime volte nella vita.
Di tutto questo calderone di tentativi per stare al mondo, rimane a galla nient'altro che la cara immortale speranza. Anche quando non vorremmo in realtà ci proviamo sempre, un respiro dopo l'altro.

Io vivo per chi scrive delle sceneggiature da Dio e le interpreta pure da sé: per me è la forma più alta di talento e tentare di raggiungere almeno un centesimo l'onestà di chi riesce a farlo così bene è il sogno primo della mia vita.




Fleabag di Phoebe Waller-Bridge, con Andrew Scott. Seconda stagione. 


mercoledì 8 maggio 2019

ZOOM

17/04/2019 -  (ap)punti di una seduta di Laurea Magistrale in Storia dell'Arte, 
tre settimane dopo perché ce ne vuole a riprendersi da mesi e anni di stress non-stop.

Zoom sui colori dell'alba in cielo dopo un piccolo lacrimoso attacco di panico in una cucina non mia.
Io e L che cantiamo a pieni polmoni My Heart Will Go On mentre lei mi fa i capelli.
Uscire di casa da sola con la tesi in mano per raggiungere la macchina piena di tutti gli uomini della mia vita.
L'aula quasi vuota.
La calma improvvisa e impensabile, arrivata insieme al desiderio di volermi godere tutto tutto. Anche le imperfezioni che non uccidono davvero.
L'aula che si riempie impercettibilmente.
La tredicesima il diciassette.
Centodieci.
Io che non avevo mai ancora visto mio padre piangere.
La felicità di scoprire delle rose rosse sulla coroncina d'alloro.
Lo sfondo arancione nelle foto.
Fiori da Torino con un biglietto dalla mia infanzia.
I ritratti ufficiali.
Un dopocena in strada.
Di nuovo riuniti dopo tanto tempo. Di nuovo a rendermi conto che non passeremo mai, qualunque cosa essa significhi davvero.
Le canzoni sconce alla chitarra, cantate nel piazzale sotto la mia prima casa da fuori sede.
La nostra panchina piena di bottiglie a guidare assurde gare di free-style che mi hanno vista più volte pericolosamente a terra.
Il bene e la gratitudine immensi per ognuno di loro.
Il lungo, liberatorio, nostalgico forte pianto incontrollabile seduta a terra da qualche parte in mezzo alle luci quando verso le due di notte ho realizzato che tutto era finito.
Ce l'ho fatta.