lunedì 30 luglio 2018

VI

E' da giorni che rimando l'annuale resoconto semestrale che faccio in estate, dopo la sessione d'esami, quando è finalmente notte e tutti mi lasciano in pace e io posso fare mentalmente dei passi indietro per capire dove sono, adesso.
Ad esempio, stamattina mentre preparavo pane e pomodoro per mia cugina, mi ha colpito il pensiero che una delle cose che mi rimane di questi ultimi sei/sette mesi è proprio il fatto che io abbia ripreso a mangiare pane. Ho una relazione complicata, col pane, ma questo è stato solo uno degli effetti collaterali di mesi passati, ad esempio, a vivere lontano dalle mie migliori amiche.
Perché questi mesi sono stati mesi di ultime, ingombranti volte. Ho seguito gli ultimi corsi della mia carriera universitaria, ho lasciato la mia ultima casa... Una cosa che non credevo mi rassicurasse, è sapere che ora tutta la roba accumulata in questi sei anni a vivere lontano, si trovi finalmente nella camera di casa mia. Finalmente non c'è più nessun pezzo sparso, di cuscini o coperte, in giro per le case di amici. Non credevo mi rassicurasse la stabilità, soprattutto quella tra le mura in cui sono cresciuta. Ritornare alle origini e non voler scappare. Questi sette mesi mi hanno insegnato l'arte di saper disinnescare, come in quel film di Genovese, ma anche la volontà di sapersi distaccare dagli altri, come dai miei sentimenti o dall'idea che tutto questo sia definitivo.
Questa prima metà dell'anno mi ha costretto, contro ogni mia rosea prospettiva (e volontà), a capire che le responsabilità vanno prese fino in fondo. E' stata una delle cose meno divertenti da realizzare e mettere in atto, soprattutto nel momento in cui ho iniziato a pensare che se non avevo voglia di occuparmi di un cane, forse alla fine -quando il momento arriverà- non avrò voglia nemmeno di occuparmi di un mio futuro figlio. Esatto: per non farmi mancare qualche altra cosa, mi sono messa a pensare pure ai figli che non ho.
Ho camminato, tanto, e mi sono fatta sopraffare da inopportuni sensi di colpa perché non avevo voglia di prendermi alcuna responsabilità, ma il mondo lo richiedeva insistentemente. Ho iniziato a lavorare instancabilmente per non doverci annegare, in quel senso di colpa assurdo. Principalmente per quello. L'idea che avrei vissuto nel mondo per conto mio senza assumere alcuna responsabilità verso gli altri, è stata brutalmente spazzata via dall'imprevedibilità delle situazioni.
Tutto ciò che mi rimane è la consapevolezza di aver sprecato tanto tempo dietro alle mie paure e ossessioni, ma anche un chiaro promemoria a guardare sempre davanti a me, dritto oltre i singoli obbiettivi. Questo, e un paio di lezioni o tre sul sentirsi inadeguati, cosa che, per fortuna, per me è uno stimolo in più a far meglio. E quanta strada dovrò continuare a percorrere…
Sono stati mesi in cui mi ha colpito in faccia una verità che non riuscivo a vedere, perché ero impegnata a notare le assenze, i rimpianti, gli sprechi. Mi ha costretta a sedermi e fare i conti con il rispetto verso me stessa, la chiarezza verso i miei sentimenti e la realizzazione felice che non serviva più soffrire, ma lasciarsi alle spalle le notti insonni, tornando proprio sui miei passi. A recuperare rapporti che alla fine non meritavano di morire nel ricordo di una notte romana, ma dovevano andare avanti con la consapevolezza che spesso non si è giusti gli uni per gli altri, nel senso in cui pensavamo, ma ciò non vuol dire non poter far pace con certe vecchie idee che si rivelano sbagliate. Chiudendo una grossa fase del mio percorso universitario, mi sono persa a guardare l'ultimo tramonto mentre tornavo a casa, con lo zucchero appena comprato. E con un unico pensiero in testa: l'importanza dei ritorni.




mercoledì 11 luglio 2018

HANNAH GASDBY: NANETTE

Questa "comedy" standup di Netflix è stata un pugno nello stomaco che mi ha rialzata da terra. La storia di Hannah Gasdby è qualcosa che ho bisogno di sentire sempre più spesso, perché è la storia che non sono riuscita mai a raccontare io. Semplice e chiaro.
Ho passato la serata a riguardarlo, stasera, perché volevo segnarmi le sue parole sulla Storia dell'Arte perché essere storici dell'Arte, secondo la mia opinione, significa non smettere di studiare mai. Significa imparare da più punti di vista, da più contesti, da più esperienze. E da una persona come lei posso farlo, su vari fronti.
Le riporto per averle sempre a disposizione, perché vi è la storia della sua vita e anche della mia.

-"Lo scopo di un artista è quello di 'sentire'. Se Vincent Van Gogh avesse preso dei farmaci, ora non avremmo i girasoli."
-"[...] di farmaci ne ha usati. E tanti. Si medicava da solo, beveva e perfino ingeriva le tempere. Ma sai cos'altro faceva? Non dipingeva solo girasoli, ma anche ritratti di psichiatri. E non psichiatri a caso, ma quelli che lo curavano. E lo medicavano. C'è un ritratto di uno psichiatra in particolare in cui lui tiene in mano un fiore e non è un girasole. E' una digitale. E quella digitale faceva parte di una terapia che Van Gogh assumeva contro l'epilessia. E l'estratto del gran cazzo di digitale usato per scopi medici... e sai cosa succede se prendi dosi troppo alte di estratto di digiale? Ti fa vedere giallo dappertutto. Quindi magari abbiamo i girasoli proprio perché Van Gogh si medicava."
Gli ho chiesto: "cosa pensi veramente? Che la creatività debba per forza voler dire sofferenza? E' questo il prezzo da pagare? Così che tu possa godertela?  […]
Prendete Vincent.
La storia che raccontiamo su di lui non va bene perché la riduciamo alla classica storia di successo. "Ha venduto un dipinto in vita sua. Ma guardatelo ora." [...] E la gente crede che Van Gogh sia stato questo genio incompreso. Qualcuno nato prima del suo tempo. Che mucchio di stronzate. Nessuno è nato prima del tempo. E' impossibile! Nessuno può nascere prima del tempo! Non sono gli artisti a inventare lo spirito del tempo, reagiscono solo. Non è nato prima dei tempi. Era un pittore post-impressionista nel picco del post-impressionismo, mentre i trentatré trentini trotterellavano. Non è nato prima del tempo. Non sapeva socializzare. Perché era fuori di testa. Un pazzo instabile. La gente cambiava strada per evitarlo. E' per questo che vendette solo un quadro in vita sua. Non riusciva a socializzare. Questa cosa dell'idealizzare le malattie mentali è ridicola. Non è sinonimo di genio. E' sinonimo di un bel niente. E gli artisti non sono queste figure mitologiche che esistono fuori dal mondo.
No, gli artisti hanno sempre fatto parte del mondo e spesso sono stati attaccati al potere. Sempre.
Dove c'è potere e denaro, c'è sempre l'arte. E questo fin dal Rinascimento.
[…]
Ma è un peccato che la storia dell'arte sia qualcosa di così elitario. Mi ha insegnato molte cose. Inutili a livello economico, ma ho imparato come funziona il mondo. Capisco molto bene come funziona e lo capisco grazie alla storia dell'arte.
[…]
Mi ha anche insegnato che ci sono due tipi di donne. Le vergini e le prostitute.
Una ragazzina ha sempre e solo avuto due opzioni. Diventare una vergine o una prostituta. La scelta era tra queste due.
[...] Se andate a vedere tutte quelle vecchie opere esposte nelle gallerie, sembra che le donne esistano da un po'. Da ancora prima dei vestiti.
[...]
Ma la storia dell'arte mi insegna che, tradizionalmente, le donne non avevano tempo per pensare. Erano troppo occupate a pisolare nude nella foresta.
[...]
L'arte occidentale è fatta di uomini che ritraggono donne come vasi di carne dove piantare i propri gambi. 
-
[...]
Pablo Picasso. Lo odio, ma non si può dire. Lo detesto. Ma non puoi. Cubismo. E se rovini il cubismo la nostra civiltà andrà in rovina. Il Cubismo. Non siamo grati, tutti noi... di vivere in un mondo post-cubista? Non è la prima cosa che scriviamo nei nostri diari della gratitudine? Non mi piace Picasso. Lo detesto. E so che dovrei essere più generosa con lui perché soffriva di malattie mentali. Ma nessuno lo sa, perché non si addice al suo mito. Perché ci fanno credere che Picasso fosse questo virile, passionale e geniale scroto di uomo, no? Ma soffriva di malattie mentali, Picasso. E la cosa peggiorò con l'età. La malattia mentale di Picasso era la misoginia. 
"La misoginia è una malattia mentale?" Sì. Sì che lo è. Specialmente se sei un maschio eterosessuale. Perché se odiate ciò che desiderate, sapete cosa avete? Un bel po' di tensione!
Dicono che non era un misogino, ma si sbagliano. Se non mi credete, sentite cos'ha detto il nostro caro Picazzo: "ogni volta che lascio una donna, dovrei bruciarla. Distruggi la donna e distruggerai il passato che rappresenta." Bel tipino. Il più grande artista del ventesimo secolo. Rendiamo di nuovo grande l'arte, ragazzi.
Picasso si è scopato una minorenne. E a me basta questo, non mi interessa. "Ma il cubismo? Ci serve."
Marie-Thérèse Walter aveva 17 anni quando l'ha incontrato, minorenne. Giuridicamente parlando. Picasso ne aveva 42 era sposato e all'apice della carriera. Ha importanza? Sì. Sì, ce l'ha. Ce l'ha eccome. Ma come lui dice: "No, è stato perfetto. Eravamo entrambi nel fiore degli anni". 
L'ho letto a 17 anni. Ma allora non ero arrabbiata, perché studiavo il cubismo!
Lasciate che mi spieghi. Il cubismo è importante. Lo è veramente, ha cambiato tutto. Picasso ci ha liberati dalla schiavitù. Dalla schiavitù di dover riprodurre fedelmente una realtà tridimensionale su una superficie bidimensionale. La prospettiva a tre punti, quella che crea l'illusione di un singolo, stabile punto di vista? Picasso disse: "No! Siete liberi! Usate tutte le prospettive insieme! Dall'alto al basso, dentro e fuori, tutte le prospettive contemporaneamente!" Grazie, Picasso. Che uomo. Che eroe. Grazie. Ma tra quelle prospettive, ce n'era una femminile? No? Allora non me ne frega un cazzo.
Continuano a dirmi di separare l'uomo dalla sua arte, di differenziare una cosa dall'altra, perché è l'arte che conta, non l'artista. Quindi bisogna imparare a separarli. Beh, va bene, ok. Facciamo una  prova. Perché non togliamo il nome Picasso e vediamo quanto valgono i suoi scarabocchi? Nessuno colleziona blocchi di Lego, collezionano Picasso!
[...]
L'errore di Picasso era la sua arroganza. Credeva di poter rappresentare tutti i punti di vista. E il nostro errore è stato quello di invalidare il punto di vista di una ragazzina diciassettenne perché credevamo che il suo potenziale non avrebbe eguagliato il suo. Col senno di poi, tutti i nodi vengono al pettine. Una diciassettenne non sarà mai e poi mai nel fiore degli anni! Mai! 
-
Sapete perché abbiamo i girasoli? Non perché Vincent Van Gogh ha sofferto. E' perché Van Gogh aveva un fratello che gli voleva bene. Nonostante il dolore, aveva qualcosa che lo teneva legato al mondo. Ed è su quello che le nostre storie dovrebbero concentrarsi. I legami.